Negli ultimi anni sono state commercializzate dai brand del running diverse scarpe in carbonio sull’onda dei risultati straordinari ottenuti dagli atleti top. Come ad esempio Eliud Kipchoge che grazie al suo talento e alle sue scarpe in carbonio è riuscito a correre la maratona sotto le due ore, e per diversi suoi rivali che hanno migliorato i propri PB di svariati minuti. Ma allora queste calzature sono così miracolose e soprattutto non portano ad infortuni?

Negli ultimi tre anni il 90% dei podi nelle 6 maratone del circuito Major (Boston, Londra, Berlino, Chicago, New York e Tokyo) sono stati occupati da atleti che indossavano scarpe con piastre in fibra di carbonio e negli ultimi 5 mesi hanno conquistato due record del mondo nella mezza maratona e tutti i podi nelle maratone di Londra e Valencia.

Se da un lato questi modelli non sono nati con l’intento di aumentare la velocità, piuttosto di ridurre l'affaticamento muscolare per garantire una migliore gestione delle energie e della muscolatura durante tutta la gara, dall’altro la rigidità della piastra in fibra di carbonio può portare ad avere problemi alle anche, ai muscoli del polpaccio ed ai tendini d'Achille. Inoltre essendo leggere e ridotte al minimo essenziale, non sostengono adeguatamente il piede nella fase di spinta e di appoggio. E’ chiaro che un atleta professionista va in contro a  meno problemi ad utilizzarle, visto che di norma ha una biomeccanica di corsa efficace correndo a ritmi elevati, con il tempo d’impatto dei propri piedi ridotto al minimo. Invece l’atleta amatore, biomeccanicamente meno dotato, è maggiormente esposto a rischio infortuni.

Solitamente una calzatura da running (A3 per intenderci) ha degli inserti che sostengono e stabilizzano il piede nella corsa, con la mescola dell’intersuola in gomma espansa (il “materasso” di gomma bianca della scarpa posto tra la suola e la tomaia) che ha il compito di disperdere quasi del tutto le forze che si generano impattando con il nostro peso e piedi al suolo, forze nel tempo nocive per la nostra schiena, anche, e per le nostre gambe. Inserendo la piastra di carbonio nei modelli performanti (A1 e A2, dove sostegno e stabilità del piede sono già ridotti ai minimi termini), questa ha il compito di catturare parte di queste forze nocive e ridarcele in fase di spinta. L'effetto che si ottiene non è come avere delle molle ai piedi, dato che la piastra è rigida, ma sentendo la scarpa “dura” sotto i piedi si ottiene un effetto trampolino che modifica lo stile di corsa dell’atleta, in quanto non si flettono più le dita dei piedi quando si fa la rullata dato che la suola rigida mantiene ferme le articolazioni delle dita risparmiando energia. Sicuramente con questa nuova tecnologia  miglioreranno le prestazioni e i record personali, però rimango del parere che bisogna utilizzarle con parsimonia (evitare di correrci tutti i giorni) e soprattutto sono indicate per quegli atleti veloci che non hanno problemi di appoggio, e anche nel loro caso con l’uso quotidiano e prolungato si rischia davvero di farsi male e di accorciare la propria attività agonistica.

Oggi in commercio sono presenti diversi modelli prodotti dai vari brand, con prezzi che oscillano tra i 200 e 300 euro… Può darsi che negli anni a venire, quando verranno prodotte su vasta scala in svariati modelli e colori per azienda, i costi saranno più accessibili, perché questa è comunque la via maestra delle nuove scarpe performanti da running del prossimo futuro.

Antonio Puricelli

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